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Rafique, ospite ai Social Tables Ghirlandina
Anna, considerata ormai un punto di riferimento nel progetto di Modena, è colei che si occupa di parlare e, soprattutto, di registrare, gli ospiti che richiedono l’accesso al servizio del lunedì ai Social Tables Ghirlandina. Ormai sono più di 300 le persone registrate dall’apertura dei Social Tables, un numero significativo per una realtà come Modena.
Durante il colloquio Anna chiede informazioni sulla persona: dati anagrafici, situazione economica e sanitaria. Non è una selezione, perché l’accesso al servizio non viene negato a nessuno; quello che fa Anna è un colloquio conoscitivo, utile per stabilire una relazione con le persone. “La prima cosa che dico quando si siedono è: ‘Io non posso risolverti i problemi, non inizierò a pagarti l’affitto e non ti troverò un lavoro.’ Voglio essere chiara sin dall’inizio, perché non voglio che pensino di essere sistemati. Al contrario, è un modo per emanciparli, per renderli più autonomi. Ho conosciuto alcune persone sui 40/50 anni che avevano perso il lavoro, oppure il coniuge li aveva lasciati: in conseguenza di questo si erano lasciati andare, smettendo di prendersi cura di sé, farsi da mangiare, curare la casa, e alla fine avevano perso anche i figli. Più che di un pasto ai Social Tables, avevano bisogno di uno stimolo, una spinta. E quindi gli ho suggerito di tornare a casa, dare una pulita, cucinare un piatto di spaghetti. ‘Vedrai che prima o poi tuo figlio torna’…”
Anna racconta un altro caso emblematico, quello di un ragazzo uscito da una comunità per tossicodipendenti. Gli avevano dato un alloggio, ma non poteva mangiare a casa perché non aveva i tegamini. “Glieli abbiamo dati noi, ed era così felice che si è messo a piangere”. “Questo per farvi capire che non vengono qui perché vogliono solo il cibo, hanno bisogno di qualcuno che li ascolti, e non è vero che non si può aiutare, a volte basta un tegamino. Bisogna evitare che si lascino andare, dobbiamo trasformare un circolo vizioso in circolo virtuoso”.
Ma c’è un ospite che occupa un posto speciale nel cuore di Anna: Rafique, un giovane ragazzo pakistano. “E’ venuto a piedi dal Pakistan, aveva già lavorato in Grecia. Quando gli ho fatto il colloquio era gentilissimo, ma parlava molto male l’italiano”. Tra le varie attività Anna svolge anche volontariato come insegnante alla scuola Penny Wirton, una scuola di italiano per stranieri che si basa su un rapporto relazionale, uno a uno. “Gli ho proposto di venire a scuola, perché la conoscenza della lingua è fondamentale per trovare lavoro. Veniva tutti i mercoledì, dalle 10 alle 12, preciso come un orologio svizzero. Faceva sempre i compiti, teneva i fogli sempre in ordine, si è trovato anche uno zainetto. Un giorno, durante le vacanze di Natale, ero in giro con mio marito e me lo sono vista venire incontro per strada con un panettone in mano: ‘Ciao Anna, volevo regalarti il panettone’ – mio marito è intervenuto dicendo che non c’era bisogno, e lui ha risposto: ‘Ma io glielo voglio dare perché lei è la mia maestra.’ Non mi era riconoscente perché gli portavo da mangiare, ma perché mi sono presa cura di lui e l’ho ascoltato.” Da marzo Rafique non si è più presentato né ai Social Tables Ghirlandina né alla scuola di italiano. Ha chiamato qualche settimana dopo chiedendo di Anna, dicendo che si era trasferito a Milano perchè aveva trovato lavoro.
Anna è pienamente immersa nella filosofia di Food for Soul: curare le anime, prima ancora dei corpi. “Conosci la storia di Daniel Baremboim? È un pianista e direttore d’orchestra argentino-israeliano. Alla fine di un concerto con musicisti israeliani in Palestina, un signore dalla platea è andato da lui e gli ha detto “grazie, perché tutti vengono qui e ci portano da mangiare, vestiti, medicine…tu ci hai portato la musica”. L’uomo ha bisogno di più.”
“Glielo vedi negli occhi che oltre a chiedere, hanno anche qualcosa da dare. Una persona che sta bene è una persona che mi rispetta, rispetta Modena, rispetta la strada, non sputa per terra. Un ragazzo felice e accolto è un ragazzo che migliora la società, e chi ci guadagna sono io, perché non butterà più la roba per terra, terrà alla città come se fosse sua. Ci guadagno io, prima di tutto. Per amare una città prima la devi conoscere, poi sì che la amerai, apprezzerai il Duomo, capirai il senso dei leoni. Quando senti che una cosa è tua, la rispetti”.
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