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In occasione del settantesimo anniversario di Antoniano, abbiamo intervistato Chiara Tonelli, chef del Refettorio Antoniano. Ci racconta come, nel corso degli anni, sia cambiato l’approccio al cibo e al recupero delle eccedenze alimentari nel progetto e tra coloro che vi partecipano. Chiara riflette sui valori di collaborazione e solidarietà che guidano il Refettorio, sottolineando il profondo impatto sulla comunità locale. Augura un futuro in cui il Refettorio non sarà più necessario, perché nessuno dovrà più lottare per avere un pasto.
1. Cosa significa essere Chef del Refettorio Antoniano?
Essere Chef della Mensa di Antoniano è un’esperienza che va oltre la semplice preparazione dei pasti. In questi due anni e mezzo, ho messo in discussione le mie abitudini e priorità. Ogni mattina entro in una cucina speciale. Fino a qualche anno fa era un mondo sconosciuto, dove non mi aspettavo si potesse dare ma soprattutto ricevere tanto. Essere la cuoca in un luogo come Antoniano significa lavorare con dedizione e alimentare ogni giorno la passione che mi ha portato a scegliere questo lavoro, consapevole che il mio impegno ha un valore profondo.
2. Quali sono i valori alla base della cucina della mensa di Antoniano e in che modo cerchi di trasmetterli attraverso i pasti che preparate?
I valori che guidano la cucina della Mensa di Antoniano sono basati sulla collaborazione e sull’aiuto reciproco tra staff e volontari. Lavoriamo a stretto contatto, condividendo le nostre vite e creando un ambiente in cui tutte e tutti si sentano supportati. Cerchiamo di migliorare la giornata degli ospiti offrendo loro non solo un pasto, ma anche un momento di serenità. I volontari sono il nostro collegamento diretto con la sala e con le necessità degli ospiti. La soddisfazione di vedere qualcuno apprezzare ciò che prepariamo è indescrivibile. Ogni giorno, anche quando riceviamo critiche costruttive, cerchiamo di migliorare, con l’obiettivo di poter fare sempre meglio.
3. In questi anni di attività, come si è evoluto l’approccio al cibo e al tema delle eccedenze alimentari?
Negli anni, il nostro approccio al cibo e alle eccedenze alimentari si è evoluto notevolmente, diventando sempre più sostenibile e consapevole. Utilizziamo le eccedenze per preparare pasti nutrienti, riducendo gli sprechi e garantendo una dieta completa e bilanciata ai nostri ospiti, contribuendo al loro benessere. Abbiamo sviluppato una maggiore consapevolezza riguardo all’importanza di un consumo responsabile. Il consumismo eccessivo porta a un’abbondanza sproporzionata di prodotti sugli scaffali, causando inevitabilmente sprechi. A tal proposito lavoriamo affinché ciò non accada, senza tralasciare la bontà dei piatti e venendo incontro alle esigenze alimentari dei nostri ospiti.
4. Come ha contribuito il Refettorio Antoniano alla comunità locale e quale impatto ha avuto in termini di riduzione dell’insicurezza alimentare e di inclusione sociale?
La mensa di Antoniano ha avuto un impatto profondo sulla comunità locale. Inizialmente, pensavo che gli ospiti mangiassero in silenzio, ma ho scoperto un ambiente vivace, dove si scambiano conversazioni e nascono dei veri e propri legami. Questo tempo trascorso in mensa offre loro un momento di sollievo dalle difficoltà quotidiane. La mensa non solo riduce l’insicurezza alimentare, ma promuove anche l’inclusione sociale, offrendo uno spazio di incontro e dialogo. Il pasto rappresenta un punto di partenza per poter ricominciare.
5. Quest’anno si celebrano i 70 anni di Antoniano: quale augurio rivolgi ad Antoniano e in che modo pensi possa ampliare il suo impatto in futuro?
Settant’anni rappresentano un traguardo straordinario, dal 13 giugno 1954 ad oggi, abbiamo distribuito 3 milioni di pasti senza mai chiudere un giorno, garantendo un supporto costante a chi ne ha bisogno. Ringrazio Padre Ernesto per aver creduto tanto nel suo sogno, tanto da trasformarlo in un progetto solido e concreto, e un ‘grazie’ va anche a coloro che in questi anni hanno contribuito a questo progetto. Quello che mi auguro, come dice sempre il direttore di Antoniano, fr. Giampaolo Cavalli, è che la mensa possa chiudere perché questo vorrebbe dire che a nessuno più servirebbe aiuto per mangiare.
Per saperne di più: www.antoniano.it
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