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Credits: Food for Soul
Che ne direste di trascorrere una serata in uno dei nostri Refettori? Virtualmente, s’intende. Abbiamo pensato che in questi giorni in cui i cittadini di tutto il mondo sono costretti a fermarsi e a rimanere nelle loro case per frenare l’avanzata del Coronavirus, ci sia bisogno di vedere quanto quel senso di comunità, che oggi ci sembra imprescindibile, sia vivo nella quotidianità dei nostri Refettori.
E allora viaggiate insieme a noi e siamo sicuri che converrete con noi che un gesto – se fatto con amore – è in grado di condizionare tutte le persone coinvolte, sia direttamente che indirettamente. Che sia l’ospite seduto al tavolo, che sia il volontario pronto ad accoglierlo o lo chef che immagina la sua espressione quando gli verrà servito il piatto, molte volte un semplice gesto è in grado di produrre un vero e proprio effetto a catena.
E se è vero che da un sassolino può nascere una valanga, lasciatevi contagiare dal senso di comunità e accoglienza che si vive ogni giorno all’interno dei nostri progetti.
Viaggiamo in Francia e prendiamo, per esempio, una serata apparentemente ordinaria al Refettorio Paris, nella cripta della Chiesa della Madeleine. La serata presa come modello, però, presenta due novità: la prima è la modalità di accesso al servizio serale. Normalmente, per poter dare a tutte le persone bisognose il diritto di accedere al servizio, infatti, gli ospiti vengono fatti alternare e a ciascuno è assegnato un giorno della settimana, per un totale di quattro volte al mese. Per la prima volta, però, lo staff del Refettorio ha provato ad inserire la nuova modalità “invita una persona”: ogni ospite ha l’opportunità di invitare con sé qualcun altro con cui condividere l’esperienza. La seconda novità, invece, è rappresentata dallo chef d’eccezione Romain Meder, che accompagnato dalla brigata del ristorante pluristellato Alain Ducasse au Plaza Athénée, affianca gli chef del Refettorio per un servizio tutt’altro che ordinario.
Quello che accade la stessa sera può essere raccontato da diverse prospettive, a seconda degli occhi di chi lo guarda. Quello che fa riflettere, però, è che tutti gli sguardi sono rivolti – sebbene in modo diverso – nella stessa direzione.
Attraverso gli occhi degli ospiti:
Pascal è un ospite abituale al Refettorio Paris. E’ venuto a conoscenza del progetto grazie a sua mamma, la quale però, data la nuova modalità di accesso, ha dovuto ridurre la frequenza. La natura eccezionale della serata, però, ha permesso a Pascal di invitarla a cenare con lui e la fidanzata. Quello che colpisce di Pascal è sicuramente il senso di riconoscenza ma, ancora prima, la grande voglia di condivisione – “Qui mangiamo cibo di buona qualità, cose che normalmente non avremmo mai mangiato. O meglio, cose che mangiavamo in passato ma che ora non abbiamo più l’opportunità di fare. La qualità è ottima, la presentazione è quella di un ristorante, che non abbiamo mai avuto prima. Qui abbiamo l’occasione di mangiare cibi eleganti – non è la quantità, è la qualità che conta.”
Guardandolo negli occhi si capisce che Pascal non fa solo riferimento al cibo, ma a qualcosa di più: “L’ambiente circostante, la musica in sottofondo…sono elementi che fanno la differenza. È molto importante, perché la stanza si riempie di valore. E qui ho la possibilità di conoscere tanti volontari diversi che vengono da ogni parte del mondo – significa che tutti hanno la possibilità di apprezzare l’unicità di questo ambiente. I volontari fanno i lavori più diversi, e attraverso le loro esperienze abbiamo l’opportunità di scoprire luoghi che altrimenti non potremmo mai esplorare.”
Alla domanda ‘cosa significa il cibo per te’ lui semplicemente risponde “Il cibo, se ben utilizzato, può essere completo. Qui gli chef sono degli artisti, perché riescono a immaginare e trasformare cibo che altrimenti sarebbe noioso.”
Credits: Shehan Hanwellage
Attraverso gli occhi dei volontari:
Carol Lara, originaria degli Stati Uniti, è una delle volontarie che tutte le sere accolgono gli ospiti come Pascal alle porte della cripta della Madeleine. “Incontrare tutte queste persone straordinarie – i volontari e, ovviamente, le persone che sono nostri ospiti – è un’esperienza unica, sono persone molto interessanti perché hanno tutti viaggiato molto e si interessano all’arte, alla politica, al cibo, alla cultura.”
Quella manifestata da Carol è quindi la stessa curiosità e voglia di condivisione espresse da Pascal, un sentimento che va ben oltre il semplice interesse, ma mira alla creazione di vere e proprie connessioni.
“Qui tutto è magico. Normalmente è molto difficile comunicare con le persone, ma qui tutto è più semplice, perché gli ospiti semplicemente ti portano il loro sorriso. Siamo tutti qui per lo stesso motivo, per la stessa energia. È facile, è come se conoscessi queste persone da sempre. È una sensazione fantastica, che trasmette un senso di rispetto molto profondo.”
Se le chiedete perché ha scelto di fare la volontaria, vi risponderà “Ruota tutto attorno alla qualità – il cibo, il modo in cui lavoriamo, il modo in cui le persone vengono trattate, hanno tutte avuto una vita difficile ma qui trovano qualcosa di speciale, vengono qui per trascorrere un momento speciale, qualcosa di inclusivo, qualcosa di molto diverso dalla vita di tutti i giorni. Anche se là fuori tutti hanno dei momenti difficili, venire qui significa: tutto è nuovo, tutto è bello, tutto è fantastico, tutto è speciale…incontriamo persone uniche e ce ne andiamo sentendoci migliori rispetto a quando siamo arrivati. Ed è proprio questa la parte migliore.”
È quindi la qualità quella che conta sia per Carol che per Pascal: la qualità del cibo, ma ancor prima la qualità delle azioni. E alla domanda ‘cosa significa il cibo per te?’ la risposta non è poi così lontana da quella di Pascal: “Cibo è condivisione. Qui tutto viene servito in modo elegante, e tutte le persone – anche quelle che lavorano in cucina – hanno lo stesso obiettivo, ovvero assicurarsi che ognuno se ne vada con il sorriso.”
Credits: Stephanie Biteau
Attraverso gli occhi degli chef:
E se alle due prospettive viste finora se ne aggiunge una terza ecco che il cibo – oltre che opera d’arte e mezzo di condivisione – diventa anche nutrimento per l’anima. È la prospettiva di Romain Meder, chef di fama internazionale che prima di iniziare a cucinare per gli ospiti della serata ha radunato tutti i volontari attorno a sé per coinvolgerli e farli sentire parte di un’unica grande brigata: “I miei ragazzi sono molto entusiasti di fare un’esperienza come questa, non vedevano l’ora. Inoltre sono convinto che li aiuterà molto nel loro percorso professionale. Cucinare in un luogo come il Refettorio ti permette di acquisire una consapevolezza più profonda, che non sempre si raggiunge all’interno di una cucina stellata. Lo stesso cibo che normalmente serviamo agli ospiti del ristorante lo prepariamo anche qui, per gli ospiti del Refettorio. E questo ti fa capire che il cibo non rispetta le classi sociali, è semplicemente un modo per nutrire l’anima.”
Ma se Romain Meder rappresenta l’elemento d’eccezione della serata, sono gli chef fissi del Refettorio quelli che – ogni sera con la stessa meticolosa cura – regalano una serata speciale agli ospiti di Parigi. Maxime, uno degli chef del Refettorio Paris fin dalla suo primo giorno di apertura, ci racconta che “L’aspetto più bello del Refettorio è che qui tutti sono uguali: ospiti, chef ospiti, chiunque – tutti i pregiudizi vengono abbandonati prima di entrare perché nel Refettorio ciò che conta è l’accoglienza, il servizio, i piatti…tutto.”
E se per Romain Meder il cibo è un nutrimento non solo per il corpo ma anche per l’anima, per Maxime è libertà allo stato puro: “Per me il cibo rappresenta il bisogno essenziale dell’uomo. Da quando abbiamo scoperto il fuoco si è iniziato a cucinare, è lo strumento più antico a nostra disposizione. Penso anche che sia la miglior tecnologia che abbiamo e di cui necessitiamo. Ormai nel mondo esistono così tanti ingredienti, tecniche, spezie…è nostro dovere, quindi, imparare ad evolverci, a cucinare nuovi ingredienti, a usare tutte queste spezie, perché ci troviamo di fronte ad infinite possibilità. Il cibo per me è libertà allo stato puro.”
Credits: Stephanie Biteau
Quello che conta, quindi, non è tanto la prospettiva di partenza quanto la capacità andare nella stessa direzione e agire per la realizzazione di un bene comune. Ed è esattamente questo che accade quotidianamente attorno alle tavole dei Refettori.
Speriamo, con questo tour a 360° all’interno di uno dei progetti, di avervi ricordato che solo unendo le forze siamo in grado di lasciare un segno concreto e che un gesto, anche se quotidiano, casalingo o apparentemente di poca importanza, è il primo passo verso la creazione di una società più consapevole e, di conseguenza, responsabile.
In fondo, il vero lavoro inizia proprio dalle nostre case.
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