Food for Soul utilizza cookie solo se strettamente necessari al corretto funzionamento del sito internet, per migliorare la tua esperienza di navigazione e abilitare o facilitare la comunicazione sui dispositivi elettronici. Per saperne di più puoi leggere la nostra Cookie Policy
Credits: Food for Soul
Andrea, giovane aiuto cuoco, ci parla dei Social Tables Ghirlandina con gli occhi positivi e pieni di energia tipici di un ventiduenne. Secondo lui, infatti, la mensa non è soltanto un luogo che distribuisce pasti, bensì un modello che può fungere da esempio a tutta la società. Proprio i Social Table Ghirlandina sono un seme che Food for Soul ha piantato a Modena quasi 3 anni fa, contagiando in modo positivo tutti coloro che a diverso titolo sono stati coinvolti in questa avventura.
Come è nata la tua passione per questo settore?
Non sarà una cosa originale, ma la passione per la cucina deriva da mia nonna, autentica ‘rezdora’ modenese che mi ha trasmesso questo grande amore. Mi ha sempre impressionato una cosa che faceva: cucinava per le persone al termine dei rosari. Al termine della preghiera, le persone si fermavano e mangiavano i dolci che avevano preparato, condividendo un momento di intimità. Questa cosa mi ha sempre ispirato, mi ha fatto venire voglia di provare e mi ha fatto avvicinare al mondo della cucina.
In che modo un’esperienza come questa cambia la prospettiva nei confronti del cibo?
Mi piace pensare che ciò che produciamo è una trasformazione di qualcosa che è venuto prima. Mi piace pensare che quelli che vengono definiti ‘scarti’ in realtà non lo siano, ma rappresentino potenziale nutrimento per chi ne ha bisogno. La mensa, nella sua accezione comune, viene percepita come una ristorazione di qualità medio-bassa rispetto al ristorante che, invece, ha una immagine più prestigiosa, anche se poi magari è una bellezza di facciata. Nelle mense il tema dell’ottimizzazione delle risorse è fondamentale, e di conseguenza lo è l’utilizzo degli scarti alimentari. Spesso le persone hanno paura di ‘buttarsi’ perché non sanno come utilizzarli, ma un contesto come Ghirlandina è l’occasione per metterci alla prova. Quello che caratterizza un vero cuoco è l’aspetto creativo, il saper sognare al di là di quello che si ha a disposizione, anche senza prodotti eccezionali.
In che modo pensi che si potrebbe ridurre lo spreco di cibo all’interno dei ristoranti?
Bisognerebbe partire dall’istruzione, durante il periodo di affiancamento in cucina, non solo insegnando ai giovani cuochi le preparazioni principali, ma anche come da certi scarti si possono raggiungere prodotti di alto livello. Ogni cuoco dovrebbe insegnarlo ai propri ragazzi.
Data la tua esperienza e quello che hai potuto vedere, qual è il ruolo sociale di una mensa? In che modo le persone sono incoraggiate a comunicare?
Io credo che la mensa sia una bellissima modalità: da un lato permette di servire le persone meno fortunate, dall’altro è importante per imparare ad imporre delle regole e a farle rispettare, soprattutto da un punto di vista sociale. Se, ad esempio, gli ospiti arrivano in ritardo rispetto all’orario di apertura glielo si fa notare e li si sollecita ad essere puntuali. La mensa può essere un potente veicolo sociale, soprattutto se si individuano dei punti fissi, delle regole da fare rispettare a tutti. Ci deve essere unità di intenti e solo in questo modo si riesce a creare un modello. E’ come se Food for Soul, istituendo questa mensa, avesse piantato un seme: la voglia di far sentire a casa le persone è un desiderio che non influenza solo gli ospiti che ne beneficiano ma, indirettamente, anche tutti quelli che vi ruotano attorno. Basti pensare all’enorme numero di volontari. E’ questo il vero punto di forza di questo progetto e penso che basti per considerarla una grande vittoria.
L’incontro con uno chef ospite che ti ha segnato
Mi è sempre piaciuto molto lavorare con i ragazzi dell’”Osteria del Cappello”, Marco e Marco. Lì ho ritrovato, oltre alla professionalità, la voglia, pazzia, grinta, il fervore che crea atmosfera. Una volta, prima di iniziare il servizio, mi dissero: “Se non c’è niente lavoriamo con niente, a prescindere abbiamo voglia di fare e veniamo con quello che sappiamo fare, mettendo a disposizione le nostre competenze.”Poi aggiungici il fatto che sono giovani, competenti, aperti…loro sono stati un grande stimolo. Penso che il bello di Food for Soul sia proprio questo: le persone, oltre a partecipare al progetto, riescono a trasmettere agli altri questa voglia di fare qualcosa gratuitamente, in grado di contaminare chi ti sta intorno.
L’incontro con un volontario che ti ha segnato
Più che ad un singolo episodio mi piace ripensare alla bellezza di condividere con tutti i volontari la cena a fine servizio. E’ un incontro con persone che non conosco, ma se anche ci vediamo per la prima volta durante la cena scopro la loro storia e questo, ad esempio, mi è successo una delle ultime volte. Il volontario a cui mi riferisco era un dentista: il bello è che non lo conoscevo neanche e ci siamo subito messi a parlare e dopo poco eravamo già in confidenza perchè avevamo in comune il fatto di essere lì. E’ stato bello.
L’incontro con un ospite che ti ha segnato
Mi ricordo di una volta che Massimo Bottura è passato durante un servizio per fare gli auguri di Natale, e un signore gli ha detto: “Non vediamo l’ora che arrivi lunedì per poter tornare qui per sentirci di nuovo a casa”. Questa frase mi è sempre rimasta impressa. In qualche modo gli stava dicendo che il suo giorno di festa non è la domenica, bensì il lunedì. Non è straordinario?
Vuoi aiutarci a create un mondo più inclusivo dove il cibo non viene sprecato e le comunità sono più resilienti?
Dona