Al Refettorio Paris l’unione fa la forza, letteralmente

Resilienza, capacità di risposta e spirito di solidarietà - sono questi i valori che il Refettorio Paris mette in campo ogni giorno per rispondere alla crisi sanitaria in corso. Grazie al supporto di uno staff organizzato e all’aiuto di un vero e proprio team di volontari, nelle ultime settimane il Refettorio è stato in grado di adattare la propria strategia alle necessità della comunità.

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I pasti pronti per essere ritirati e distribuiti agli ospiti del Refettorio. Credits: Giulia Barbini

Giulia – musicista di Firenze – e Flavia – chef di origini argentine – si sono conosciute due anni fa da volontarie durante i primi servizi al Refettorio Paris diventando amiche anche al di fuori del progetto. Oggi lavorano fianco a fianco in uno dei 34 ristoranti che supportano il Refettorio Paris nella preparazione dei pasti da distribuire a chi ne ha più bisogno, e ci raccontano di come dallo spirito di cooperazione sia nata una grande iniziativa.

Durante la prima parte dell’emergenza, ottenuto il permesso di tenere aperta la cucina della Madeleine, gli chef Maxime e Solene, aiutati da un paio di persone dello staff, sono riusciti a cucinare circa 150 pasti da distribuire. Ma dopo pochi giorni, consapevole di poter fare di più per la propria comunità e grazie al supporto dell’artista francese JR, il Refettorio ha modificato il proprio servizio, trasformandosi in una vera e propria piattaforma di logistica. Proprio come in un magazzino, i prodotti consegnati alla Madeleine vengono smistati, divisi in pacchi e spediti settimanalmente ai 34 ristoranti che aderiscono al progetto, insieme all’attrezzatura necessaria per confezionare i pasti come vaschette, posate, tovaglioli e sacchetti di carta. Lo chef di ogni ristorante deve suddividere le provviste ricevute per tutti i pasti della settimana –  50, 100 o anche 150 pasti al giorno – che vengono poi ritirati dai furgoncini delle varie associazioni volontarie e distribuiti in giro per la città. In totale, grazie alla rete di ristoranti che supportano il progetto, il Refettorio Paris riesce a distribuire fino a 5000 pasti al giorno.

Tutto questo non sarebbe possibile senza l’aiuto dei volontari, che ogni giorno si mettono in gioco per supportare gli chef dei ristoranti. Inizialmente c’era un grande senso di paura legato alle misure di igiene e sicurezza ma, come tutte le altre iniziative del Refettorio, anche questa è stata organizzata in maniera eccellente: grazie all’aiuto del Comune sono stati distribuiti guanti e mascherine, e tutto è stato posto in massima sicurezza. I volontari, dopo aver fornito la propria disponibilità attraverso un gruppo di Whatsapp, ogni sera vengono contattati dal team di JR, ricevono il planning per il giorno seguente e vengono smistati nei vari ristoranti per aiutare sia nella preparazione dei pasti, sia nella fase di confezionamento – quest’ultima è una procedura lunga con molte norme da seguire, bisogna avvolgere il pane nella pellicola, chiudere tutto in appositi sacchettini, scrivere sopra ad ognuno il contenuto, ecc.

Ferona, il locale in cui Flavia lavora come chef, è uno dei 34 ristoranti che hanno deciso di rispondere all’appello, mettendo a disposizione la propria cucina e i propri spazi per la preparazione dei pasti. “Non c’è bisogno di stare sotto lo stesso tetto per sentirsi parte di un gruppo, basta impiegare le stesse energie e la stessa sensibilità nei confronti delle eccedenze alimentari verso un fine comune, che in questo caso è quello di preparare con amore dei pasti per coloro che in questo momento ne hanno più bisogno”, ci racconta Flavia.

Ecco quello che Flavia e Giulia ci hanno raccontato della loro esperienza:

 

Qual è l’aspetto che preferisci nel prestare servizio per il Refettorio?

Flavia: “È il gruppo di cui ormai tutti facciamo parte, questa grande catena umana che si è formata. Lavoro per il progetto dalla sua apertura, e in tutto questo tempo ho stretto molti legami – l’amicizia con Giulia ne è un esempio. In questo luogo diventiamo tutti colleghi e ognuno vuole dare il proprio contributo.”

Giulia: “È il far parte di un progetto che è stato pensato in modo estremamente intelligente sin dall’inizio: il fatto che da un lato ci sia un surplus di cibo e che, dall’altra parte, ci sia invece gente che non ha da mangiare è un aspetto assurdo della nostra società. Questo progetto mette insieme questi due aspetti, e in più crea un ambiente di ospitalità, di arte, di cultura, di creatività per le persone più vulnerabili.”

Come vedi Parigi dopo questa emergenza? In che modo cambierà la città?

Giulia: “Quello che posso dire è che a Parigi negli ultimi anni ne sono successe davvero tante, la città è stata un caos totale. Però, dal punto di vista della società e della solidarietà delle persone, il cambiamento è sempre stato in meglio. Non sto dicendo che la società sia perfetta, perché ci sono ancora problemi enormi e questo lo si può vedere, ad esempio, dalla quantità di persone che si presentano al Refettorio e che hanno bisogno del nostro aiuto, però mi sembra che la città sia cambiata in meglio. La mia speranza è che questo periodo porti ulteriore solidarietà.”

Flavia: “Prima di tutto penso che tutto il mondo si debba fermare un attimo per guardarsi dentro e fuori, capire quali sono stati, come essere umani, i nostri errori e quali, invece, i nostri punti di forza. Qui a Parigi le persone hanno rallentato il ritmo, ora pensano molto di più al futuro. Durante questa crisi abbiamo imparato a vivere giorno per giorno, a organizzarci, a pensare di più ai dettagli, a ciò che mangiamo, al tempo che riposiamo e al tempo dedicato ai nostri cari.”

Quali misure si possono adottare all’interno delle cucine (comprese quelle di casa) per limitare gli sprechi alimentari e andare verso un consumo più consapevole?

Flavia: “Questi sono momenti di cambiamento molto forti, l’essere umano deve imparare a consumare al meglio ogni cibo e deve capire che non si deve solo riempire lo stomaco ma ci si deve anche prendere cura del proprio corpo e della propria mente, imparando così a sprecare di meno. Bisogna imparare a fare uso di tutte le tecniche di cottura e preparazione possibili, dalla fermentazione ai frullati mattutini (in questo periodo ottimi per la colazione). Ecco perché il contributo di un progetto come il Refettorio, al quale partecipano persone di diverse professioni, in grado di utilizzare al meglio tecniche e ricette che utilizzano gli ingredienti nella loro totalità, è importantissimo.”

Ciascuno di noi in queste settimane di lockdown ha sicuramente cambiato le proprie abitudini di vita, a cominciare proprio dal rapporto col cibo – ora abbiamo più tempo di aprire il frigo e vedere cosa c’è dentro anziché comprare qualcosa di pronto. Quale consiglio ti sentiresti di dare affinché questa esperienza ci lasci un segno positivo?

Flavia: “Il mio consiglio è quello di imparare tutto ciò che possiamo sugli ingredienti che consumiamo, che effetti producono sul nostro corpo e imparare diverse ricette che utilizzino lo stesso prodotto. L’atto del mangiare è un momento molto importante, e dobbiamo imparare a dedicargli il tempo necessario – bisogna dedicare a sé stessi e agli altri il tempo necessario per nutrirsi, conoscere il più possibile ogni alimento e accrescere la consapevolezza che si dedica al momento dell’acquisto, differenziando i prodotti stagionali da quelli che non lo sono.”

La musica ha avuto un ruolo di rilievo durante il lockdown, in molti paesi è stato un elemento di coesione, uno strumento di unione, di solidarietà, lo stesso senso di solidarietà che si ritrova all’interno dei Refettori…

Giulia: “La musica riesce a connettere le persone come nient’altro al mondo. Fra gli ospiti – così come fra i volontari – ci sono tantissime nazionalità, tantissime lingue diverse, non tutti parlano francese, e con la musica, esattamente come avviene con il cibo, ci si riesce sempre a capire. Nella nostra società non si da mai abbastanza spazio all’arte, alla musica e alla pittura. Non se ne coglie l’importanza, e proprio in questo periodo sembra che tutti lo abbiano capito un po di più. Stando chiusi a casa se non si ha l’arte, se non si ascolta la musica, se non si legge un libro…rimane veramente poco da fare. Ho un aneddoto a proposito di questo: Rachide è un ospite del Refettorio che ogni tanto viene anche a fare il volontario in sala ed è appassionatissimo di musica. Una sera è rimasto a cena insieme agli altri volontari e quando ci siamo messi a parlare lui ha iniziato a farmi molte domande. Sono rimasta allibita perchè sapeva tutto, conosceva tutti gli artisti di cui gli parlavo, e gli ho regalato dei biglietti per le prove generali di uno spettacolo.

Una giorno al Refettorio è venuto Yo-Yo Ma, che è il più grande violoncellista del mondo, e gli ospiti hanno avuto la possibilità di ascoltarlo anche solo per 5 minuti…lo hanno adorato.”