Nelle cucine del refettorio Antoniano

Dopo un anno di lavori, il Refettorio Antoniano ha riaperto i propri spazi implementando i servizi per la propria comunità. Abbiamo intervistato lo Chef Pasquale Valente, che ci ha portato alla scoperta di questo bellissimo progetto.

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Nome: Pasquale

Cognome: Valente

Età: 53 anni

Da quanto tempo fai il cuoco:
Da quando avevo 12 anni. Ho iniziato a lavorare nella pasticceria sotto casa, e da lì è stato un passaggio naturale fare la scuola alberghiera.

Piatto preferito:
Visto che sono nato in un paese di mare nella provincia di Bari il mio piatto preferito non può che essere la frittura di pesce. Un altro piatto che apprezzo tantissimo è la parmigiana di melanzane della mamma!

 

Perché hai scelto di cucinare per questo progetto? Cosa lo differenzia dalle altre mense presenti sul territorio?

Conosco Antoniano da circa 10 anni. Siccome faccio parte della Federazione Italiana Cuochi, che da anni supporta il progetto, ci venivo come volontario una volta al mese.
L’ho conosciuto così e poi, due anni fa, abbiamo fatto insieme una serie di progetti. All’inizio sarei dovuto rimanere solo per qualche mese, invece sono passati due anni e sono ancora qui. Antoniano è un posto speciale, e la sua forza è in grado di rapirti tanto da non riuscire ad allontanartnene più: lui ti da tanto e anche tu gli puoi dare tanto.
Qui ho avuto la possibilità di fare esperienze mai fatte prima. 

Di una cosa solo sicuro: Antoniano ha un valore aggiunto dato dalle relazioni nate tra il team che lavora tutti giorni e i volontari che ci danno una mano. Ciò rende speciale il nostro servizio e fa sì che e anche gli ospiti si sentano speciali.

 

Cosa rende speciale un pasto servito all’interno della mensa? In che modo il cibo riflette il senso di accoglienza e di inclusione alla base del progetto?

Ciò che lo rende speciale è quello che facciamo quotidianamente. È come se ogni giorno mettessimo un mattoncino in più che, allo stesso tempo, arricchisce quelli che ricevono il pasto ma anche noi chef che lo prepariamo e i volontari che lo servono.
Il cibo riflette inclusione: qui ci prendiamo cura di ogni ospite, delle sue origini, della sua cultura e delle sue esigenze, anche culinarie.
Spesso gli ospiti provengono da etnie diverse, e noi proviamo sempre a soddisfarli tutti. L’obiettivo è quello di farli sentire a casa, in famiglia. É questo che significa inclusione per me. 

 

Al giorno d’oggi gli chef hanno il ruolo di promuovere un sistema alimentare più sostenibile nel pieno rispetto delle risorse del nostro pianeta. In che modo applichi questo insegnamento all’interno della tua cucina?

Per noi dello staff di cucina questo aspetto è molto importante e io, da responsabile di cucina, cerco di trasmettere ai miei collaboratori questo rispetto.
Il primo passo per promuovere un sistema alimentare più sostenibile è fare una selezione del cibo: quando riceviamo donazioni di cibo, infatti, selezioniamo accuratamente quello più adatto a noi, mentre il resto lo doniamo ad altre realtà. Ma questo è solo il primo passo. Spesso i prodotti che ci vengono donati dai nostri partner provengono dalla grande distribuzione e si tratta, in tantissimi casi, di prodotti a fine vita, vicinissimi alle scadenze. Ciò che facciamo è assicurarci che non vengano sprecati, utilizzandoli prima che scadano, rendendoli servibili e gustosi. Inoltre, io provo anche a fornire ai miei collaboratori nuove tecniche di cucina per recuperare il più possibile, attraverso le cotture, il cibo messo in pentola.
Questo è importantissimo per noi, per l’ambiente e per l’economia di Antoniano.

 

Puoi darci un paio di esempi di come il cibo recuperato può essere trasformato in pasti sani e nutrienti?

Da sempre porto avanti due regole importanti: la prima è non stravolgere le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti che lavoriamo; la seconda è associare proteine, carboidrati e grassi all’interno del menù settimanale. In questo modo i nostri ospiti saranno in grado di seguire una dieta equilibrata con il giusto apporto di nutrienti. Penso agli ospiti come a dei familiari che siedono alla nostra tavola: è importante che possano mangiare in modo sano, e cerco di prendermi cura anche della loro salute.


Diciamo sempre che cucinare è un atto d’amore… lo è anche per te?

Assolutamente sì. Faccio questo lavoro da tanti anni e l’entusiasmo che ho fin da quando sono ragazzino è la benzina che mi ha fatto andare avanti fino ad ora e che spero mi farà andare avanti ancora per molto tempo. Amo la cucina, il mio lavoro e tutto ciò che riesce a dare. Inoltre, invecchiando cresce la consapevolezza dell’importanza del lavoro dei cuochi.
Se uniti all’esperienza, l’amore e l’entusiasmo per questo mestiere possono dare grandi soddisfazioni.